gattosilvestro67
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Lasciato il - 06 January 2012 : 15:30:39
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LACOMMEMORAZIONE DI NOSTRO SIGNORE
È stato in armonia con questo tipo di uccisione dell'agnello Pasquale il 14esimo giorno del primo mese, il giorno che precede i sette giorni della Festa di Pasqua, festeggiata dagli Ebrei, che nostro Signore morì, come l'antitipico Agnello di Pasqua, "l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo". Per nostro Signore non er possibile in nessun altro momento finire il sacrificio che aveva iniziato all'età di trenta anni con la morte, con il battesimo nella morte. Pertanto fu allora che, sebbene gli Ebrei avessero cercato mille volte di prenderlo, nessuno gli mise le mani addosso, perché "la sua ora non era ancora venuta". Giovanni 7:8, 30
Come agli Ebrei fu ordinato di scegliere l'agnello del sacrificio il decimo giorno del primo mese e di riceverlo nelle loro case in quella data, il Signore appropriatamente offrì se stesso per loro in quella data, quando, cinque giorni prima della Pasqua, montato sull'asinella entrò nella città mentre la moltitudine gridava: "Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!""Egli venne tra i suoi e i suoi [come nazione] non lo ricevettero, ma a quanti lo ricevettero [individualmente] egli dette la libertà di diventare figli di Dio." La nazione, attraverso i suoi rappresentanti, i governanti, invece di riceverlo, lo rigettarono e in tal modo si identificarono per quel momento co inn l'Avversario. Nondimeno, per grazia di Dio il sangue del Nuovo Patto è efficace anche per la casa di Giacobbe e per tutti coloro che desiderano l'armonia con Dio. Costoro presero parte ai meriti dell'Agnello, ma si rifiutarono di mangiare un po' dell'antitipico Agnello, persero l'opportunità di diventare, come nazione, i primogeniti, il Sacerdozio Regale, la nazione santa, il popolo eletto del Messia, persero l'opportunità del passare sopra e quella di diventare membri della Nuova Creazione, con vita più abbondante nella gloria, nell'onore e nell'immortalità; ma siamo contenti di essere informati da un'altra parte della Scrittura che essi, nonostante ciò, hanno un'opportunità gloriosa di accettare l'Agnello di Dio, di mangiare, appropriandosene, la sua carne, il suo sacrificio e di sfuggire così dalla schiavitù del peccato e della morte, sotto la guida del Signore e dei suoi fedeli fratelli, Israele spirituale, la Chiesa antitipica dei Primogeniti. Rom. 11:11-26
Fu alla conclusione del ministero di nostro Signore, il 14esimo giorno del primo mese, nella "stessa notte in cui fu tradito" e nello stesso giorno, quindi, in cui morì, quale Agnello antitipico, che egli celebrò con i suoi discepoli la Pasqua tipica degli Ebrei: mangiò, insieme ai dodici apostoli, l'agnello tipico che rappresentava se stesso, il suo stesso sacrificio per i peccati del mondo e la "carne vera", nella cui forza soltanto si ottengono la vita, i diritti e le benedizioni dei figli di Dio. Il consumare questa cena la notte che precedette la morte del Signore, pur considerando la notte come facente parte del medesimo giorno, fu possibile grazie all'usanza Ebraica che calcolava l’inizio di ogni giorno, non a mezzanotte, ma alla sera. Evidentemente il Signore dispose tutti gli affari di Israele in conformità con i tipi che Israele doveva esprimere.
Come Ebrei, "nati sotto la Legge", era obbligatorio per nostro Signore e i suoi apostoli celebrare questo tipo e celebrarlo al tempo giusto; e fu dopo aver così osservato la Cena Ebraica, mangiando l'agnello con il pane azzimo e le erbe, e probabilmente anche, come era consueto, con il "frutto della vite", che il Signore, prendendo un po' di pane azzimo e un po' del frutto della vite che era rimasto dalla Cena Ebraica (il tipo), istituì tra i suoi discepoli e per tutta la Chiesa intera che essi rappresentavano (Giovanni 17:20) una cosa nuova, che con essi, quali Israele spirituale, la Chiesa dei Primogeniti, la Nuova Creazione, doveva prendere il posto, doveva soppiantare, la Cena Pasquale Ebraica. Nostro Signore non stava istituendo un altro tipo, un tipo più elevato, di Pasqua. Anzi, il tipo stava per raggiungere il suo compimento e, quindi, non sarebbe stato più appropriato per coloro che avrebbero accettato il compimento.
Nostro Signore, quale l'Agnello antitipico, stava per essere ucciso, come lo esprime l'Apostolo nel testo riportato all'inizio di questo capitolo: " Cristo la nostra Pasqua [l'Agnello] è immolato." Nessuno di coloro che accettano Cristo come Agnello Pasquale e che, in tal modo, accettano l'antitipo come colui che prende il posto del tipo, potrebbe più preparare con proprietà un tipico agnello e mangiarlo in commemorazione della liberazione tipica. La cosa appropriata, pertanto, per tutti i credenti in Gesù quale il vero Agnello Pasquale sarebbe lo spruzzare gli stipiti delle porte del cuore con il suo sangue: "Avendo i loro cuori spruzzati da una coscienza del male" [dalla condanna presente, rendendosi conto che i loro peccati sono stati espiati attraverso il suo sangue e che attraverso il suo sangue ora hanno il perdono dei peccati].
Costoro, quindi, debbono mangiare i meriti (ovvero debbono appropriarsene) del loro Redentore, i meriti dell'uomo Gesù Cristo che dette se stesso come riscatto per tutti. Mediante la fede debbono consumare quei meriti e rendersi conto che i loro peccati furono caricati sul Signore e che egli morì per loro in modo tale che i suoi meriti e la sua giustizia vengono attribuiti a loro. Essi mangiano queste cose, o se ne appropriano per fede.
Se, poi, la Cena di nostro Signore prese il posto della Cena Pasquale, ma non come un tipo più elevato, essendo cominciato l'antitipo, allora che cosa era? Rispondiamo che era una Commemorazione dell'antitipo, una memoria per i suoi seguaci dell'inizio del compimento della Pasqua antitipica. Così accettare il nostro Agnello e commemorare in tal modo la sua morte per noi, significa l'attesa che si riferisce alla liberazione promessa del popolo di Dio e perciò significa che coloro che apprezzeranno e commemoreranno intelligentemente mentre sono in questo mondo non saranno di questo mondo, ma saranno come pellegrini, come estranei, che cercano condizioni più desiderabili, esenti da influssi malefici, da dispiaceri e schiavitù del tempo presente del regno del Peccato e della Morte.
Costoro consumano il vero, l'antitipico pane azzimo: essi cercano di mangiarlo nella sua purezza, senza la corruzione (lievito) del modo di pensare umano, dell’influsso malefico, delle ambizioni, dell'egoismo, ecc. affinché siano forti nel Signore e nel potere della sua potenza. Essi mangiano anche un po' delle erbe amare della persecuzione, in sintonia con la parola del Maestro secondo cui il servitore non è da più del suo Signore e se il Signore stesso fu insultato, perseguitato e rigettato, essi debbono aspettarsi un simile trattamento poiché il mondo non li conosce, come non ha conosciuto lui. Sì, la sua testimonianza è che nessuna persona sarà accettabile a lui la cui fedeltà non attiri su di lei la disapprovazione del mondo.
Le sue parole sono: "Tutti quelli che voglion vivere piamente in Cristo Gesu’ saranno perseguitati." "Diranno, mentendo, contro di voi ogni sorta di male per cagion mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli." Mat. 5:11, 12; II Tim. 3:12 Quando nostro Signore istituì la sua Cena di Commemorazione, chiamata Ultima Cena, fu, come notato sopra, un simbolo nuovo, modellato sul vecchio tipo della Pasqua e connesso ad esso, sebbene non una parte di esso, essendo una cerimonia commemorativa, o commemorazione, dell'antitipo. Come leggiamo, egli "prese il pane e, quando ebbe dato grazie, lo spezzò e disse: 'Prendete, mangiate; questo è il mio corpo, che è spezzato per voi [questo rappresenta me, l' Agnello antitipico; rappresenta la mia carne]. Fate questo in memoria di me." L' intenzione evidente di nostro Signore fu quella di fissare nelle menti dei suoi seguaci il fatto che egli è l' antitipico Agnello per gli antitipici primogeniti e per la famiglia dei credenti.
L' espressione: "Fate questo in memoria di me" implica che questa nuova istituzione dovrebbe prendere, fra i suoi seguaci, il posto dell’istituzione precedente, che ora deve diventare obsoleta in quanto ha raggiunto il suo compimento. “Allo stesso modo, quando ebbe terminato la cena, prese anche il calice dicendo: 'questo calice è il nuovo testamento [patto] nel mio sangue'”, il sangue del patto, il sangue che sigilla il Nuovo Patto. " Fate questo, tutte le volte che lo bevete, in memoria mia." Non ci verrebbe da intendere ciò nel senso di farlo senza riguardo al momento e al luogo, ecc., ma nel senso che, da allora in poi, quando questo calice e questo pane azzimo pertanto vengono usati come celebrazione della Pasqua, ciò si dovrebbe considerare, in ogni occasione, una celebrazione non del tipo ma dell'antitipo. Come non sarebbe stato legittimo, appropriato o tipico celebrare la Pasqua in qualsiasi altro momento che quello designato dal Signore, allo stesso modo non è tuttora appropriato celebrare l'antitipo in qualsiasi altro momento che nel suo anniversario. I Cor. 11:23-25
L'Apostolo aggiunge: "Poiché ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finch'egli venga." (I Cor. 11:26) Questo mostra che i discepoli capirono chiaramente che da allora in poi per tutti i seguaci del Signore la celebrazione annuale della Pasqua doveva avere un significato nuovo: il pane spezzato a rappresentare la carne del Signore, il calice a rappresentare il suo sangue. Sebbene questa nuova istituzione non fosse imposta ai suoi seguaci come una legge e sebbene non ci fosse nessuna punizione annessa alla mancanza della sua osservanza appropriata, nondimeno il Signore sapeva bene che tutti coloro che confidavano in lui e capivano che egli era l'Agnello Pasquale antitipico sarebbero stati contenti di iniziare la Commemorazione che in tal modo aveva suggerito loro.
E così è tuttora. La fede nel riscatto continua a trovare la sua raffigurazione in questa semplice commemorazione, "fino alla sua venuta", non solo fino alla parousia di nostro Signore, o alla sua presenza, al momento del raccolto o alla fine di questa età, ma fino a che durante la sua parousia ad uno ad uno i suoi fedeli non siano stati radunati per lui, al di là del "Velo", in quel posto per partecipare in un grado ancor più pieno e, come nostro Signore dichiarò, per prendere parte ad esso "di nuovo nel Regno".
"Noi, che siam molti, siamo un unico pane"
"Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è esso la comunione col sangue di Cristo? Il pane, che noi rompiamo, non è esso la comunione col corpo di Cristo?Poiché noi, che siamo molti, siamo un unico pane [pagnotta], un unico corpo, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane." I Cor. 10:16, 17
L'Apostolo, sotto la guida dello Spirito santo, ci pone dinnanzi un pensiero ulteriore riguardo a questa Commemorazione istituita da nostro Signore. Non nega, ma afferma, che principalmente il pane rappresenta il corpo spezzato di nostro Signore, sacrificato a nostro favore; e che il calice rappresenta il suo sangue che sigilla il nostro perdono. Ma ora, per giunta, mostra che noi, quali membri dell'Ecclesia, membra del corpo di Cristo, i futuri Primogeniti, la Nuova Creazione, diventiamo partecipanti con nostro Signore nella sua morte, partecipi del suo sacrificio; e, come egli ha dichiarato da un'altra parte, fa parte del nostro patto "compiere quel che manca alle afflizioni di Cristo". (Col. 1:24)
Il concetto qui è lo stesso di quello espresso dalle parole: "Siamo battezzati nella sua morte." Così, mentre la carne di nostro Signore fu il pane spezzato per il mondo, i credenti di questa età del Vangelo, i fedeli, gli eletti, la Nuova Creazione, sono considerati quali parte di quell'unico pane, "membra del corpo di Cristo"; quindi, nello spezzare del pane, dopo aver riconosciuto che esso è il sacrificio di nostro Signore a favore nostro, dobbiamo riconoscerlo ulteriormente come lo spezzare o il sacrificare della Chiesa intera, di tutti coloro che sono consacrati per essere morti con lui, per essere spezzati con lui, per prendere parte alle sue sofferenze.
Questo è il concetto esatto contenuto nella parola "comunione", comunione-unione, comunione-partecipazione. Quindi, con ogni celebrazione annuale di questa Commemorazione noi non riconosciamo soltanto il fondamento di tutte le nostre speranze come speranze che poggiano sul sacrificio del caro Redentore per i nostri peccati, ma ravviviamo e rinnoviamo la nostra stessa consacrazione ad "essere morti con lui, affinché possiamo anche vivere con lui", a "soffrire con lui, affinché possiamo anche regnare con lui". Quanto immensamente denso è il significato di questa celebrazione istituita da Dio!
Non stiamo mettendo i simboli in luogo della realtà; di certo niente sarebbe più lontano dall'intenzione di nostro Signore, né più lontano da quanto sia appropriato da parte nostra. La comunione del cuore con lui, il nutrimento del cuore fatto di lui, la comunione del cuore con le altre membra del corpo e il rendersi conto nel cuore del significato del nostro patto di sacrificio, è la comunione reale che, se siamo fedeli, metteremo in atto giorno per giorno durante l'anno, essendo quotidianamente spezzati con nostro Signore e continuamente nutrendoci del suo merito, crescendo forti nel Signore e nel potere della sua potenza. Che benedizione ci giunge dalla celebrazione di questa Commemorazione! Che ardore nel cuore per aver capito più profondamente e per essere cresciuti in grazia e conoscenza, per aver partecipato ulteriormente ai privilegi del servizio al quale siamo chiamati, non solo riguardo al presente ma anche riguardo al futuro!
Si noterà che l'Apostolo include il calice per il quale noi lodiamo Dio. "Non è la comunione, [unione-comune, partecipazione-comune] del sangue di Cristo?" Oh, che concetto, questo, per cui il vero consacrato, il fedele "piccolo gregge" della Nuova Creazione durante tutta l'età del Vangelo, è stato Cristo nella carne; e la sofferenza, le prove, l'ignominia e la morte di costoro che il Signore ha accettato e riconosciuto come "membra del suo corpo" nella carne, sono tutte incluse come parti del suo sacrificio, perché costoro sono associati a lui, e sotto di lui che è il nostro Capo, il nostro Sacerdote Principale!
Chi è che capisce la situazione, che è grato per l'invito di Dio a diventare membro di questa Ecclesia, e che è grato per la partecipazione che ne deriva al sacrificio nella morte, ora, e all'opera gloriosa del futuro, e non si rallegra di essere stato considerato degno di soffrire biasimi per il nome di Cristo e di dare la sua vita al servizio della Verità, quali membri della sua carne e delle sue ossa? Che importa loro che il mondo non ci conosce, come non ha conosciuto lui? (I Giovanni 3:1) Che importa loro, sebbene debbano soffrire la perdita delle benedizioni e dei vantaggi terreni più squisiti, se essi in quanto corpo di Cristo non possono far altro che essere considerati degni di una partecipazione con il Redentore alle sue glorie future?
Man mano che costoro crescono in grazia e in zelo, ciascuno di essi acquista la capacità di soppesare e di giudicare dal punto di vista dell'Apostolo, quando, parlando dei favori e dei vantaggi terreni, disse: "Reputo tutte le cose come spazzatura." "Io stimo che le sofferenze del tempo presente non siano punto da paragonare con la gloria che ha da essere manifestata a nostro riguardo." Fil. 3:8; Rom. 8:18 Un altro pensiero è riguardo all'amore, alla compassione e all'interesse scambievole che dovrebbe prevalere tra tutte le membra di questo "unico corpo" del Signore. Man mano che lo Spirito del Signore viene sempre di più a regnare nei nostri cuori ci farà gioire in ogni occasione che avremo di fare il bene a tutti gli uomini quando se ne presenterà l'opportunità, ma specialmente alla famiglia dei credenti.
Man mano che la nostra solidarietà cresce e si estende a tutto il mondo dell'umanità, essa deve crescere specialmente nei confronti del Signore e, di conseguenza, specialmente anche verso coloro che egli riconosce, i quali hanno il suo Spirito e cercano di camminare nelle sue orme. L'Apostolo indica che la misura del nostro amore per il Signore sarà indicata dal nostro amore per i fratelli, per le altre membra del suo corpo. Se il nostro amore deve essere tale da tollerare tutte le cose e a sopportare tutte le cose per quanto riguarda gli altri, quanto più vero sarà ciò per quanto riguarda queste altre membra dello stesso corpo, così intimamente unite a noi attraverso il nostro Capo!
Non c'è da meravigliarsi se l'Apostolo Giovanni dichiara che una delle prove rilevanti del nostro essere passati dalla morte alla vita è che amiamo i fratelli. (I Giovanni 3:14) In verità, ricordiamo che nel parlare del nostro aggiungere ciò che manca alle afflizioni di Cristo, l'Apostolo Paolo aggiunge: "a pro del corpo di lui, che è la Chiesa". Col. 1:24 Lo stesso pensiero è di nuovo espresso nelle parole: "Noi pure dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli." (I Giovanni 3:16) Che senso di fraternità comporta questo! In quale altro luogo abbiamo la speranza di trovare un amore per i fratelli tale da essere pronto a dare la vita a loro favore? Non stiamo parlando ora di come il Signore possa essere soddisfatto di applicare il sacrificio della Chiesa, rappresentata nel "capro espiatorio del Signore" quale parte dei sacrifici* del Giorno dell'Espiazione. Noi semplicemente notiamo, insieme all'Apostolo, che per quanto ci concerne, il sacrificio, il dare la vita, deve essere fatto in linea di massima per i fratelli, al loro servizio; il servizio per il mondo appartiene principalmente all'età da venire, al Millennio. Nelle condizioni attuali, il nostro tempo, i nostri talenti, la nostra influenza e i nostri mezzi sono più o meno dedicati agli altri (alla moglie, ai figli o ai genitori anziani o ad altri che dipendono
__________ *Tabernacle Shadows of the Better Sacrifices [ovvero: Ombre del Tabernacolo dei Migliori Sacrifici], p. 59 da noi) ed abbiamo anche l'obbligo di procacciare le "cose indispensabili", "decorose" e "oneste agli occhi di tutti gli uomini" per noi stessi. Quindi troviamo relativamente poco che resta a nostra disposizione per il sacrificio, relativamente poco da dare ai nostri fratelli e il mondo, la carne e il diavolo sono continuamente lì a cercare di reclamare da noi questo poco e a distoglierci dal sacrificio al quale lo abbiamo consacrato.
La scelta fatta dal Signore della Chiesa, durante questo tempo in cui prevale il male, è fatta allo scopo di far sì che le circostanze in cui siamo immersi possano provare la misura dell'amore e della lealtà di ciascuno a lui e ai suoi. Nel caso in cui il nostro amore sia freddo, le richieste del mondo, della carne e dell'Avversario saranno troppo per noi e attrarranno il nostro tempo, la nostra influenza e i nostri soldi. Dall'altro lato, in proporzione di quanto è forte e intenso il nostro amore per il Signore, in questa stessa proporzione ci diletteremo a sacrificare queste cose a lui, non solo a dare il nostro superfluo di energia, di influenza e di mezzi, elargendolo man mano che se ne presenta l'opportunità al servizio dei fratelli, ma anche a seguire questo spirito di devozione al Signore che ci suggerirà di ridurre entro limiti ragionevoli, economici, le domande che ci vengono dalla casa, dalla famiglia e specialmente dal nostro io, affinché abbiamo di più da sacrificare sull'altare del Signore. Come nostro Signore per tre anni e mezzo spezzò il suo corpo e per tre anni e mezzo dette il suo sangue, la sua vita e portò a termine questi sacrifici soltanto sul Calvario, così è per noi: il dare la nostra vita per i fratelli è in piccole situazioni di servizio, sia di tipo temporale che spirituale; il servizio spirituale è più elevato e quindi più importante, sebbene chiunque faccia tacere la sua compassione verso un fratello che ha un bisogno temporale darebbe prova di non aver avuto lo Spirito del Signore come guida del suo cuore in nessun grado appropriato.
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